Edizione nazionale delle opere di Giorgio La Pira
* Edito da G. Miligi, Gli anni messinesi e le "parole di vita" di Giorgio La Pira, Intilla Editore, Messina 1995, pp. 190-193.
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Sullo sfondo di eternità sorge la Storia del Papini. Da tempo l'Europa aveva perduto il senso delle cose spirituali e i grandi nuclei donde si irradia la luce e si intravede l'eterno erano scomparsi dall'arte nostra: dominava nella letteratura il senso moderno che concepisce le cose nella sua [?] forma banale, che si sofferma alla superficie, che trascrive cronache aride e senza interesse per lo spirito; che si compiace di un decadimento senza limiti, vuotissimo nella sua essenza, dannoso e fatale indice della morte morale di tutta l'epoca ...
Ultimo e triste prodotto dell'esaurimento spirituale europeo! E mentre vieppiù si frantuma, corrosa dalla assenza di fede e di ideali la civiltà dell'Occidente, esaurita e cadaverica, uno spiraglio di luce ad un tratto viene ad indicarci la via ove ancora è possibile la resurrezione e il salvamento. Questo raggio che splende della luce universale, che è tratto dalla fonte suprema ove la vita e la Fede si confondono, ove l'uomo è Iddio e Iddio è uomo, questo raggio che penetra nei profondi segreti dello spirito umano è ancora "la lieta novella" la "novella" che si rinnova ogni giorno che risolleva e che salva: miracolo immenso che da 1921 anni si ripete costantemente ogni ora negli uomini.
La Storia di Cristo del Papini è l'Evangelo dei nostri tempi, la novella portata ai nostri uomini decaduti; è la parola di un decaduto che giunto all'estremo fine della sua vita spirituale riconosce l'osculo abisso in che s'è tratto allontanandosi dalla fede e rinnegandola; e dal profondo della sua perdizione rivolgendo uno sguardo al cielo chiede all'eterno il miracolo; che si è prostrato avanti a Cristo implorando la resurrezione e la vita. Il miracolo si compie: risorto si è prostrato davanti al dolore del decadimento umano, ha avuto pietà della vita così finita e così umile, degli uomini suoi fratelli, così orfani e così soli, ha pianto per tutti ed ha invocato dal suo Cristo: «... Noi, gli Ultimi, ti aspettiamo,
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ti aspetteremo ogni giorno, a dispetto della nostra indegnità e d'ogni impossibile. E tutto l'amore che potremo torchiare dai nostri cuori sarà per te, Crocifisso, che fosti tormentato per amor nostro e ora ci tormenti con tutta la potenza del tuo implacabile amore».
Su uno sfondo di eternità l'opera di Papini risplende della luce di Cristo: è l'epilogo di una tragedia infinita, per lungo tempo svoltasi nei profondi dello spirito, cui si addice quel che disse d'una sua opera il più grande uomo universale della vita umana il Dos [toiewsky] «... sì ... non v'è nulla di fantastico, di strabiliante ... solamente ... il più oscuro degli uomini è sempre un uomo e porta il nome di fratello. Oh! Eterna gioia nella infelicità umana! Amore di fratelli! non pietà, ma amore, amore senza limiti, immenso ... perché l'amore rigenera, perché l'uomo risorge attraverso l'amore: non pietà che degrada, ma amore infinito per tutti gli uomini, fratelli».
L'epicentro spirituale su cui costruisce il Papini è questo pensiero universale: l'amore su tutto, per tutti, in ogni caso: il perdono e la dimessione (sic), la resurrezione e la fede, l'uomo che si ravvede e risorge dal peccato nel suo amore per tutti gli altri uomini, suoi fratelli: è il grande centro dell'anima di Cristo, è il nucleo di tutte le grandi epopee dello spirito, l'ultimo sguardo del crocifisso sulla sciagura umana, dall'alto del suo sacrificio, quando manda l'ultimo anelito e l'ultima parola alla vita e quest'ultimo anelito e quest'ultima parola sono rivolti alla salvazione e al perdono.
... Io ti dico in verità, Egli dice "piegando la testa quanto poteva" e al ladrone pietoso crocifisso accanto a lui, io ti dico in verità che oggi sarai con me in Paradiso. ..
Il suo estremo gemito è rivolto al perdono: era venuto per i decaduti e muore rivolgendo il suo ultimo anelito a un decaduto: era bastata l'ultima preghiera che sorge da un'anima moritura, pur cresciuta nell'assassinio, abbrutita dagli uomini, purificatasi prima di morire per aver sentito dalla bocca di uno strano uomo condannato ad essere crocifisso:
— Perdona loro ... ché non sanno quel che fanno —
Perdona loro! Chi era costui che poteva dire tali cose? Chi era questo morituro innocente che sapeva così immensamente perdonare? E si poteva ancora perdonare nella vita? C'era chi perdonasse? O triste storia di delitti perché, perché non t'avvenne nel tuo triste corso di assassinii di incontrarti con un uomo che perdonasse? Perché non mi si disse che si poteva financo perdonare? Perdonare ... Oh! quell'anima che perdona ... sii benedetto innocente ...
— Ricordati di me Gesù, quando verrà il Regno tuo!
Abbiamo sofferto insieme: tu non riconoscerai chi ti era accanto sulla croce: l'unico che t'abbia difeso quando tutti ti offendevano? ... E lo sguardo di questo ladrone crocifisso era diventato limpido e infinito come lo sguardo di Gesù e come Gesù egli mirò il Cielo: per la prima volta; alzò l'animo su fino a Dio ed ebbe pei suoi carnefici lo sguardo del perdono e dell'amore.
— Perdona loro ...
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Illadrone morendo, fece suo questo supremo precetto di Colui che gli moriva accanto per la salvezza e la resurrezione degli uomini!
— Perdona loro ...
è la suprema vocazione di questo libro: perdona loro o Cristo, come allora, come perdonasti a chi t'uccise, come perdonerai a chi t'ucciderà in ogni tempo...
Perdona e risolleva ... è l'invocazione di un uomo diventato apostolo, interprete del senso intimo dei tuoi Vangeli, conoscitore della tragedia dei decaduti, di un uomo decadente e risorto, che ha sofferto il nostro male, male moderno dalla guerra alla depravazione, dalla depravazione al delitto, dal delitto alla cocaina e alla morte!
Perdona loro ... egli invoca in un libro trascendentalmente umano: perdona loro ché non sanno quel che fanno ...
Ed egli è ben certo del perdono perché Cristo non è «un Dio geloso e acrimonioso, un Dio che tiene rancore, un Dio vendicativo, un Dio solamente giusto» ... ma perché ha perdonato a tutti e sempre! ...
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